Oriente: la Terra del Sol levante, Giappone.
Tokyo, Kyoto e il Rail Pass
La mia teoria sul fuso orario funziona con il mio nucleo famigliare ed è che si va a dormire al giusto orario del luogo. Mi spiego meglio: arrivi alle 7 di mattina e per il tuo fisico sono le 4 di notte?
Trovi qualcosa da fare, mangi, tiri sera e verso le 20 vai a dormire stravolta, dormi per 10 ore ma ti svegli al’ orario giusto di quel paese e la giornata comincia.
Il primo impatto con il Giappone è stato meraviglioso: cessi pubblici ovunque pulitissimi, gratuiti e ….ascoltate ascoltate….con bidet incorporato, musica non obbligatoria ma selezionabile,
distributori di bibite e acqua ad ogni angolo ( prezzi molto modici).
Se in Italia ti capita d’avere bisogno di un servizio igenico dove vai? A bere un caffè al bar. In Giappone bevi il caffè se ti va ma fai pipì quando ti serve.
I Giapponesi parlano poco l’inglese ma compensano con un’educazione e gentilezza uniche.
Tutti fanno inchini e dopo un paio di giorni ti viene naturale fare inchini.
Tokyo e la follia della stazione centrale, Tokyo e la meraviglia del cibo così diverso. Tokyo ed i suoi giardini zen,
Tokyo e la metro incredibilmente pulita e puntuale all’inverosimile.
E’ stato un grande piacere cenare con il figlio di mia cugina, Druso, uno dei tanti nostri ragazzi italiani laureati che investono nel proprio futuro e lasciano un comodo nido per trovare un’alternativa al vuoto italico: non è facile per loro, fanno tanti sacrifici, sicuramente più della mia generazione, certo i supporti sono diversi ma il coraggio è tanto.
Il giorno dopo ci tocca assolutamente andare al Fuji, il vulcano simbolo del Giappone, non si può andare in Giappone e non rendere omaggio alla montagna simbolo della cultura nipponica.
Qualche mese fa avevamo prenotato una gita organizzata per questa giornata e quindi l’autobus è arrivato puntualissimo alle ore 6.29 all’hotel ( Sheraton Miyako=ottimo e prenotato a basso prezzo tramite Expedia- consiglio aperitivo al M Bar al piano sotterraneo).
Sull’autobus c’erano persone di svariate nazionalità compresa una coppia italiana carinissima in viaggio di nozze, la guida- stressatissima ma estremamente gentile- si è presentata e ci ha chiesto di ricordare il suo nome; come scordarlo? Si chiamava Katsu….
Fuji, pranzo tipico giapponese,
lago Ashi con giretto in battello
e salita con funivia su una montagna da cui non si vedeva una beata mazza perché eravamo avvolti da una fittissima nebbia fredda e spessa come quella della Brianza.
Rientro a Tokyo in serata e cena a Giza. Ma una delle curiosità massime sarebbe stata soddisfatta il giorno dopo: lo shinkansen, il treno ultra rapido ( 280 km all’ora) :costa un botto ma merita. Quando si organizzano spostamenti in Giappone conviene valutare il treno e acquistare prima di partire da agenzie europee il Japan rail pass, una sorta di abbonamento settimanale o quindicinale che permette di usare tutti i treni di questa linea illimitatamente, unica richiesta è la prenotazione anticipata del posto a sedere. Il processo è rapidissimo e estremamente semplice, gli addetti sono incredibilmente educati, rispettosi e grati solo per il fatto che hai scelto di viaggiare con la compagnia per la quale lavorano; i controllori sul treno, a parte inchinarsi quando chiedono il biglietto e scusarsi per aver disturbato, s’inchinano anche entrando nel vagone ed escono a marcia indietro recitando una formula di ringraziamento rivolta a tutti i passeggeri. Le porte sono tutte automatiche ed in silenzio si aprono ed il nostro omino ( vestito tutto in color panna che pare quasi un generale) scivola verso un altro vagone. Praticamente come Trenitalia. I sedili sui treni in Giappone ad onor del vero sono più puliti e si possono ruotare a piacimento ossia puoi guardare chi hai di fronte oppure viaggiare in senso treno: si girano!
PS Dimenticavo: cessi iperpuliti anche sui treni con carta igienica, sapone e asciugamani di carta . I gabinetti sono sia in stile giapponese che in stile western, si può scegliere.
Kyoto, Nara Iga Ueno e il museo Ninja
Kyoto significa templi,
significa ripercorrere le vie del libro ‘Memorie di una Geisha’ di Golden Arthur, significa giardini zen e giardini giapponesi e, come in tutto il Giappone, significa acqua.
L’acqua è un elemento che con le montagne descrive questo paese.
A luglio piove copiosamente per cui ci siamo pure comprati 3 ombrelli che diventeranno parte del nostro bagaglio per tutto il viaggio.
Mangiare a Gion e passare una nottata a girare Pontocho
e finire in un bar di una coppia di ultrasessantenni Hippies giapponesi a bere Sakè ed ascoltare musica jazz con finale ‘O sole mio’ corale non ha prezzo.
Il giorno dopo ancora treno: Nara, i suoi parchi, i templi e i cerbiatti che si fanno accarezzare
eppoi ancora 2 treni. Il secondo piccolino tipo tram con la ridotta che s’ inerpica su per la montagna tra gole e fiumi
e alla fine il paese di Iga Ueno nel Kansai dove ci sono il museo Ninja e un castello feudale giapponese. La visita del museo Ninja e soprattutto della casa Ninja ha reso felice mia figlia Francesca che sognava questa visita da lungo tempo,
il castello sulla collina domina le vallate sottostanti: magnifico.
Rientro a Tokyo e cena a base di tempura e sashimi.
Bucato notturno nelle lavatrici a gettoni dell’hotel. Devo ammettere che la possibilità di usare le lavatrici a gettoni e gli essiccatori era uno dei pochissimi punti a favore dell’hotel Hearton dove abbiamo alloggiato per 3 notti in una camera che era minuscola anche per gli standard giapponesi, non pulitissima , un albergo pieno di americani che sentendomi parlare italiano mi chiedevano se sapessi dove si trovava un buon ristorante italiano in città, ometto le mie considerazioni.
Hozu Gawa e Arashiyama
Al mattino abbiamo visitato giardini zen, giardini tradizionali, giardini incantati, scolpiti, sognati, toccavo le piante per sincerarmi che non fossero d plastica tanto erano perfette, i bonsai orgogliosi dell’amore e delle cure ricevute e intanto pensavo ai miei poveri bonsai che mai e poi mai potranno essere così perfetti;
squadre di uomini e donne vestiti di grigio passano il loro tempo a raccogliere foglie, a rastrellare, a tagliare ad amare le piante che li circondano. Lì vivi la profonda differenza tra la nostra cultura e quella giapponese per noi abbastanza impenetrabile. Palazzo imperiale, casa da tè
su e giù dai taxi con le porte automatiche che si chiudono da sole. A proposito di taxi il costo per una corsa in tre risulta essere di pochissimo superiore al costo di 3 biglietti del metrò ed è molto più veloce, conviene valutarlo come mezzo di trasporto quando il tempo è poco.
Verso mezzogiorno abbiamo acquistato 3 bento box e olè di nuovo in treno verso Kameoka.
Ok un paio di spiegazioni sono doverose:
Bento Box: scatoletta con cibo d’asporto giapponese, sushi, riso, sashimi il tutto in tanti scompartimentini in una scatoletta di cartone, bacchette e fazzolettino disinfettante inclusi ( l’equivalente della schiscetta nostrana). I nipponici sui treni e sui metro o dormono, o mangiano o parlano al telefono. Noi non dormivamo, già era un casino beccare la fermata corretta, non telefonavamo, i nostri cellulari in Giappone non funzionano però mangiavamo di tutto.
Pioveva disperatamente e noi ci accingevamo a salire su una barca a fondo piatto per scendere lungo il fiume Hozu per 20 km. Sconforto massimo, bagnati fradici siamo arrivati alle rive del fiume dove ci attendeva una fantastica sorpresa: la barca era coperta da un telo di plastica!
I nostri compagni di navigazione erano 5 ragazzi giapponesi che lanciavano gridolini di paura mista a soddisfazione ogni volta che la barca accelerava trascinata dalle rapide.
Il paesaggio, nonostante la pioggia, era magnifico, pareti verticali ricoperte di vegetazione lussureggiante, rododendri rossi e fioriti, rocce minacciose incombenti sul letto del fiume – ognuna peraltro battezzata con nomi che, con molta fantasia, ne descrivevano le somiglianze.
I nostri marinai avanzavano utilizzando un bastone lungo l’uno, un remo l’altro e al timone a poppa c’era quello che ogni tanto decideva di svuotare il telo di plastica, nostro riparo, con un colpo ben assestato che inevitabilmente ci faceva provare l’ebbrezza di una doccia d’acqua piovana.
Dopo 2 ore si arriva ad Arashiyama, paese alla periferia di Kyoto. La cura delle piante, i giardini zen rastrellati,
tanti bonsai fuori dalle case i templi e poi ancora, se avessimo avuto tempo, il parco delle scimmie e la scuola di ikebana.
Il caldo, la pioggia, l’umidità ed il buio ci convincono che è ora di tornare a Kyoto per l’ ultima notte in questa città che mi ha mostrato solo un pezzetto di se’ e dove sicuramente tornerò in futuro.
Toyohashi e la famiglia Iwase – Moto Guzzi in Giappone- Guzzino
Il giorno successivo, dopo aver lasciato i bagagli maledetti presso il deposito della stazione ferroviaria, abbiamo salutato Kyoto visitando il tempio ed i giardini vicino a Gion. Mentre guardavo i ryokan tradizionali ( l’equivalente delle nostre pensioni) nelle vicinanze mi chiedevo per quale motivo i proprietari di ryokan abbiano deciso di applicare prezzi talmente alti – il prezzo applicato è per persona indipendentemente dal numero di persone che condividono la stessa piccola stanza- se poi li vedi tutti chiusi e senza clienti che preferiscono dormire negli hotel western style meno ‘fashionable’ e ‘traditional’ ma sicuramente più economici. C’è qualcosa di inceppato nel meccanismo del turismo, non siamo tutti stupidi turisti miliardari senza problemi e senza cervello, forse è ora che il mondo apra gli occhi sull’esistenza del viaggiatore.
Toyohashi è una città situata nella parte orientale della Prefettura di Aichi ed è la città centrale del distretto di Higashi Mikawa. … così cita Wikipedia, noi non eravamo riusciti a trovarlo su nessuna guida turistica nonostante i suoi 370.000 abitanti e nonostante l’importanza del suo porto dove sbarcano tutte le auto Wolksvagen dirette in Giappone. Città sul mare, città modernissima e nuova, città dove per anni avevamo promesso di andare per incontrare degli amici di lunga data che ogni volta che venivano a Mandello si facevano ripromettere che saremmo andati a visitarli: la famiglia Iwase, padre, madre e 2 ragazze, la famiglia che al raduno internazionale Moto Guzzi a Mandello del Lario girava col Kimono, la famiglia con la quale ho avuto il piacere e l’onore di lavorare per tanti anni: Guzzino www.guzzino.jp
Lo shinkansen in 2 ore ci ha portato lì e lì c’erano loro ad attenderci: un’emozione bellissima, un abbraccio a lungo atteso. In auto siamo poi andati a casa loro nel piccolo villaggio di Minamiohshimizu-cho, 3.000 anime circa, una casa con giardino, ufficio e officina…e che officina!!!
Un laboratorio in legno piccolo e perfetto, lindo, ordinato preciso con una fantastica ed elaboratissima Moto Guzzi che faceva bella mostra di se’,
a fianco un garage con questa meraviglia
ed all’interno del negozio altre 3 Moto Guzzi.
Fare di Moto Guzzi la propria attività in Giappone è da eroi o da pazzi, e forse bisogna essere un po’ tutt’e due le cose. Keichi mostrava orgoglioso le sue creature, i Giapponesi elaborano a livello stravolgimento qualsiasi modello e Yumi, sua moglie, sorrideva soddisfatta. Le ragazza in qualche modo ed a gesti coinvolgevano Francesca
e tutti insieme ci avviavamo tra le braccia di quella che doveva diventare una delle serate più belle della mia vita. Al ‘pub’ locale si mangia e si beve di tutto: sakè, brodi, pesce crudo verdurine, il tutto rigorosamente seduti intorno ad un tavolo per terra.
I locali presenti nella sala sorridevano, tutti ridevamo, nessuno parlava inglese ma la lingua non era una barriera: ci sono tanti altri modi per comunicare.
Dopo una breve passeggiata tra campi di riso al buio eccoci in un altro locale : Yakitori (spiedini) di tutti i tipi e di tutte le carni e di tutti gli scarti che noi occidentali non mangiamo comprese le cartilagini dei polli…OISHI DESU. Belli rimpinzati, coccolati, e vagamente ubriachi via treno raggiungiamo l’hotel che la Famiglia Iwase aveva prenotato per noi, il mattino dopo saremmo ripartiti, noi e le nostre amatissime valigie.